Vincoli più severi per l’impiego in Italia di lavoratori distaccati da aziende di altri Paesi dell’Unione europea o terzi. Il decreto legislativo approvato dal Consiglio dei ministri vuole contrastare il fenomeno che comporta il ricorso a personale dipendente di aziende straniere (per lo più di Stati neocomunitari dell’Est), impiegati in Italia presso imprese dello stesso gruppo, oppure di altre imprese o altre unità produttive o destinatari, a cui si applicano però regole e trattamenti retributivi e previdenziali del Paese d’origine perché più convenienti.
Per effetto del provvedimento, che vale anche per le agenzie di somministrazione e per il settore del trasporto su strada, al personale distaccato devono essere riconosciute le stesse condizioni di lavoro e di occupazione applicate nel Paese in cui si svolge il distacco. Ciò significa riconoscere la stessa retribuzione minima e i giorni di ferie previsti dal contratto collettivo di riferimento.
Se viene verificato che il distacco non è autentico, l’addetto viene considerato un dipendente dell’azienda che lo ha utilizzato e quest’ultima, oltre al distaccante, sono puniti con una sanzione di 50 euro per ogni giorno e per ogni lavoratore, con un minimo e un massimo di di 5.000 e di 50.000 euro.
Prima di ogni distacco, l’azienda distaccante dovrà comunicare al ministero del Lavoro diverse informazioni, tra cui il numero dei lavoratori coinvolti, inizio e fine del distacco, luogo di svolgimento della prestazione. Inoltre dovranno essere predisposti, anche in italiano, il contratto di lavoro nonché i prospetti paga, la documentazione relativa al pagamento delle retribuzioni e dovrà essere designato un referente domiciliato in Italia e incaricato a ricevere e inviare atti. Il mancato rispetto di questi adempimenti fa scattare sanzioni fin oltre 150mila euro.
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